Sarsina

Sarsina ha origini antichissime; fondata da popolazioni umbre tra il V e il VI secolo a.C., fu quasi subito conquistata dai Romani che ne fecero il proprio municipio. Le tracce della dominazione romana hanno caratterizzato l’intero assetto urbanistico della città che corrisponde, ancora oggi, a quello dell’antica Sassina romana; allo stesso tempo, possiamo ritrovare numerose e pregevoli testimonianze di quell’epoca sia presso le aree di scavo nel centro città che, soprattutto, all’interno del Museo Archeologico Nazionale.

Sarsina, inoltre, è la città natale di Plauto, forse il più grande commediografo di tutti i tempi, e gli rende omaggio ogni anno – tra la metà di luglio e le metà di agosto – con una rassegna teatrale dedicata – il Plautus Festival, appunto – che vanta al suo attivo oltre 60 edizioni.

La Basilica Concattedrale di Santa Maria Annunziata di Sarsina rappresenta l’anima religiosa della città contrapposta a quella profana di matrice latina. Dalla Basilica inizia e finisce il percorso del pellegrino sul Cammino di San Vicinio e racchiude tutta una serie di testimonianze e simbolismi di grande suggestione.

San Vicinio arriva a Sarsina dalla Liguria intorno al V secolo d.C. e trascorre la sua esistenza terrena principalmente tra Sarsina e le colline circostanti predicando il Vangelo, praticando la povertà, pregando, vegliando e digiunando. Fu ordinato vescovo e svolse il ministero episcopale in particolare per liberare con la preghiera e con il digiuno gli infelici oppressi da influssi demoniaci.

I sarsinati sono molto devoti al loro santo Patrono, ma la sua fama di taumaturgo e scacciadiavoli ha varcato i confini locali e tanti sono i pellegrini che si avvicinano a lui da tutta Italia e si recano a Sarsina per ricevere la benedizione con la caratteristica “catena” o “collare”.

La catena – alla cui forma si ispira chiaramente l’itinerario del cammino – è composta da due bracci di materiale ferroso uniti fra loro da un duplice snodo e terminanti con due anelli combacianti.

La tradizione la dice usata dal Santo per fare penitenza: durante la preghiera, infatti, Vicinio la metteva al collo appendendovi una grossa pietra, costringendosi in una posizione scomoda ed impedendosi di alzare lo sguardo.

È conservata all’interno della basilica, venerata come unica reliquia del santo ed imposta per invocare la liberazione e la benedizione degli infermi o per la preghiera di esorcismo.